giovedì 7 marzo 2013

Passi.

Passi.
Passi per finire, per andare, per ritornare. Passi per cadere, per ricominciare, per fermarsi. Il passo di quando c'è qualcuno dietro di te. Di quando c'è un'ombra che è la tua ma che non riconosci. Di quando vedi una fotografia della scuola e non ti trovi più. Di quando dai le spalle e le spalle diventano lavagne per gli sguardi degli altri, che ci scrivono cose, che la graffiano con le unghie e ti rimane polvere, polvere addosso, polvere che scivola via, polvere che cade.
Che cade.
Cade.
Che cade come cadono i tuoi passi. Come cade la prima goccia di pioggia. Come cade un quadro che ha retto sulla stessa parete per mesi, per anni. Come cade il tappo dello spumante di capodanno. Come cade la foglia, la prima, di ottobre. Come cade la fetta biscottata dal lato della marmellata. Come cade l'acqua dalla pentola in cui cuoci la pasta. Come cade il termometro e ci sono sfere di mercurio ovunque. Come cade il petalo. Come cadi in quel momento in cui devi camminare, in quel momento in cui perdi l'equilibrio per un attimo quando devi farne un altro, di passo.
Di passi.